Filosofia da divano
Guerriglia nei Castelli Romani
“La mia speranza e il mio impegno sono oggi rivolti a far sì che l’odio dell’uomo
verso l’uomo scompaia per sempre” (Pino Levi Cavaglione)
Considerava, Pino, la Resistenza italiana “una delle più belle e nobili pagine della
storia dei Paesi oppressi dal nazismo”. Ma per quanto riguarda il suo personale
contributo a questa pagina – che pure fu notevole – si tenne sempre lontano dalla
retorica, fedele alla posizione identificata da Cesare Pavese nella sua recensione al
libro: “Non predica, non fa lezione di storia o di eroismo, né a sé né agli altri” (Raffaele Mastrolonardo).
Giuseppe Levi Cavaglione (Genova, 1911-1971) iniziò la sua attività politica nel movimento
Giustizia e Libertà e nel 1937 fu ospite di Carlo Rosselli a Parigi. Arrestato dal regime nel
1938, venne sottoposto per cinque anni al confino e all’internamento. Liberatosi nel luglio del
1943 alla caduta del governo Mussolini, nel settembre dello stesso anno abbracciò la
Resistenza nei Castelli Romani dove divenne responsabile militare di tutte le bande dell’area.
Dopo la guerra tornò a Genova per riprendere la carriera di avvocato. Nelle deportazioni
naziste perse i genitori e una decina di parenti della sua famiglia allargata. Morì suicida nel
1971. Cesare Pavese definì Guerriglia nei Castelli Romani “un caso speciale” e “un libro di
stile”. Nel 1961 Nanni Loy diresse Un giorno da leoni, film sulla Resistenza il cui episodio
centrale è l’attentato al Ponte Sette Luci della ferrovia Roma-Formia, l’azione più eclatante
condotta dalle squadre partigiane guidate da Levi Cavaglione.
Filosofia degli anni ’80
Gli anni Ottanta sono stati l’incarnazione del Bene sotto forma di merce. Un Bene, tuttavia, separato da qualsiasi forma di verità. Questo “Bene” poteva mentire, e anche molto. Perché il suo unico scopo era fare stare bene. Invicta, Swatch, Nike e tanti altri non erano solo marchi. Sembravano capirti, solo loro, nel momento in cui stavi crescendo, o donarti un'”aura”, a te che non l’avevi mai avuta.
TOMMASO ARIEMMA, filosofo, insegna Estetica presso l’Accademia di Belle Arti di Lecce. È autore, tra gli altri, di La filosofia spiegata con le serie TV, Mondadori, 2017, Filosofia degli anni ’80, il melangolo, 2019 e L’Occidente messo a nudo, Luca Sossella, 2019; Dark Media. Cultura visuale e nuovi media; Platone Showrunner, Meltemi, 2022. Regole filosofiche per scrivere la serialità, Audino, 2022.
Filosofia di Stranger Things
“Nessuna persona può rimuovere l’oscuro che intrama le nostre vite, il dolore che le costituisce, si può tutt’al più ambire ad arginarlo o risignificarlo con l’aiuto di altre persone. Come la narrazione di Stranger Things mette sempre in scena, non vi è verità se non nella relazione, non c’è forza d’azione se non nella collettività. E sebbene il buio freddo del Sottosopra non sembri poter essere annientato, esplorare le dimensioni che, come questa, sono senza luce permette di sviluppare confidenza con la complessità e così di imparare a riorientarsi nell’intreccio di male che caratterizza la realtà nel suo divenire”.
Selena Pastorino (Genova 1986) è Dottoressa di ricerca in filosofia e docente liceale di Filosofia e Storia. Per i tipi del melangolo ha pubblicato: Filosofia della danza (2019); Filosofia della maternità (2021). E’ Autrice tra gli altri di Black Mirror. Narrazioni filosofiche, Mimesis, 2019 (con F. Lammoglia); Il male quotidiano. Incursioni filosofiche nell’horror, Rogas, 2022 (con D. Navarria).
Fenomenologia empirica
Come la fenomenologia eidetica, quella empirica ha come oggetto la vita della mente, poiché a interessarla sono i mondi di significato che gli esseri umani vivono in un dato tempo e in un preciso contesto naturale e culturale. Con la differenza che mentre la fenomenologia eidetica osserva la vita della mente per afferrare l’essenza generale degli atti mentali o cogitationes, la fenomenologia empirica è interessata a cogliere la pienezza dei vissuti, ognuno da considerare nella sua singolare unicità. Vale dunque il principio husserliano: “Noi manteniamo lo sguardo fermamente rivolto alla sfera della coscienza e cerchiamo di vedere cosa vi si trovi di immanente”, ma mentre la fenomenologia eidetica cerca “l’essenza della coscienza in generale”, la fenomenologia dell’esperienza cerca l’essenza concreta di ogni vissuto della mente e a partire da queste essenze singolari concrete costruisce la conoscenza di un insieme di fenomeni senza trascurare quelle qualità non inscrivibili in un concetto generale.
Luigina Mortari è professore ordinario di Epistemologia della ricerca qualitativa e di Filosofia dell’educazione presso l’Università degli studi di Verona, dove anche dirige il Caring Education Research Center (CERC). Le sue ricerche hanno per oggetto la filosofia della cura e l’epistemologica della ricerca qualitativa. Tra i suoi lavori: Filosofia della cura (2015), La materia vivente e il pensare sensibile (2017), Educazione ecologica (2020), La politica della cura (2021).
Mente Materia Dio (Mens Hyle Deus)
“Se dunque il mondo è Dio stesso, senza che sia percepibile dai sensi, come hanno detto Platone, Zenone, Socrate e molti altri, allora la materia del mondo è Dio stesso, e la forma che avviene alla materia non è altro che Dio che rende sensibile se stesso” (David di Dinant)
Il pensiero di David di Dinant ha senso solo se viene inteso come un esperimento. In quanto tale, come esperimento, esso può avere una utilità non solo filosofica, ma anche semplicemente igienica, quotidiana, rispetto alla maggior parte delle concezioni correnti. Questo testo permette, a chi lo legge, di respirare diversamente, in una regione meno ingombra, meno definita di quella che normalmente abitiamo. Uno spazio, insieme, più elementare e più ricco, più essenziale e più fecondo.
DAVID DI DINANT è vissuto in Francia tra il XII e il XIII secolo. I suoi scritti furono condannati nel 1210. Il frammento Mens Hyle Deus, in cui viene formulato il suo pensiero panteistico, è stato ritrovato nel secolo scorso e viene pubblicato qui per la prima volta autonomamente.
EMANUELE DATTILO è nato a Roma nel 1985. Ha pubblicato per Neri Pozza Il dio sensibile (2021) e La vita che vive (2022).
La filosofia di Fantozzi
Tutti conoscono Fantozzi, il goffo, servile e sfortunatissimo ragioniere interpretato al cinema da Paolo Villaggio e ritrasmesso ripetutamente in televisione, ancora oggi, per la gioia dei bambini e soprattutto degli ex bambini che con quei film ci sono cresciuti, ridendo a crepapelle. Ma la comicità o tragicomicità iperbolica di Fantozzi non è fine a se stessa, cela una precisa visione del mondo sottoforma di critica della società italiana degli anni Settanta Ottanta e Novanta – e della nostra, che di essa è figlia – e dei suoi valori (consumo, omologazione, potere). Esiste dunque una filosofia di Fantozzi come messa in discussione dell’esistente e ricerca disinteressata della verità, di cui Villaggio è lucido artefice. Ripercorrendo gli episodi più iconici della saga fantozziana, senza dimenticare il Fantozzi letterario
dal quale prende vita quello cinematografico, e con l’aiuto dello stesso Villaggio che ha disseminato il suo pensiero fra libri articoli e interviste, questo libro racconta la filosofia di Fantozzi, le sue rivelazioni, ambizioni, contraddizioni e profezie.
STEFANO SCRIMA è filosofo e studioso di pop culture. Ha scritto per Castelvecchi: Digito dunque siamo (2019) e Socrate su Facebook (2018); per Arcana: L’arte di sfasciare le chitarre (2021); per
Stampa Alternativa: L’arte di soffrire (2018) e Nauseati (2016); per Ortica: Sette vite non bastano (2022) e Vani tentativi di vendere l’anima al diavolo (2020); per Colonnese: L’arte di disobbedire raccontata dal diavolo (2020). Con Il Melangolo ha pubblicato: Filosofi all’Inferno (2019) e Il filosofo pigro (2017).